Giuseppe Veropalumbo ha pagato con la vita, da onesto padre di famiglia, la cinica e spietata logica malavitosa. Il 31 dicembre del 2007 un colpo di pistola esploso da gente senza scrupoli strappava alla vita Giuseppe Veropalumbo, lavoratore, marito e padre esemplare, mentre era seduto a casa sua, in Torre Annunziata,  per festeggiare il nuovo anno con i parenti. In braccio la figlia piccolissima, Ludovica, oggi signorina forte, sensibile, espressione sana di una famiglia che non si è mai arresa al disfattismo cronico. Queste le parole della vedova Carmela Sermino, Presidente dell'Associazione " Giuseppe Veropalumbo":"  All’inizio  pensavano si fosse trattato di un uso illegale  d'arma da fuoco durante la notte di capodanno ma grazie alla mia caparbietà, al lavoro dei legali  e sempre supportata dalla magistratura e dalle forze dell’ordine si è arrivata ad una mezza verità. A sparare  quella sera  furono  tre minori (attualmente rinchiusi in carcere per altro motivo) appartenenti ad un potente  clan della città. Il loro obiettivo era sparare contro quel palazzo ‘Nfame” : infame perché erano state posizionate su di esso telecamere che consentirono agli inquirenti di arrestare alcuni esponenti del potente sodalizio criminale.  Particolari ancora  al vaglio della magistratura. Un’ agonia lunga e angosciosa perché mi ritrovo a quasi 14 anni dalla scomparsa di mio marito Peppe senza sapere la verità, senza avere giustizia. Chi ha sparato non ha ancora un volto e un nome. Questa incresciosa situazione determina il mancato riconoscimento di legge per Giuseppe Veropalumbo come vittima di camorra. Ad oggi combattiamo ancora perché non si alteri la verità privando una famiglia dei propri diritti. In Italia, le leggi dedicate alle vittime sono state redatte nel corso degli anni sulla scorta dei grandi fatti di cronaca che hanno segnato la storia del nostro Paese. A seguito degli Anni di Piombo  è  stata varata la normativa a favore delle vittime del terrorismo. Le grandi stragi di mafia hanno indotto il legislatore a redigere norme a favore delle vittime di criminalità organizzata. Alle vittime del dovere, in quanto rappresentanti dello Stato, è riservata una specifica normativa. C'è un vulnus, molto grave, che riguarda le vittime della criminalità cosiddetta “comune”, come Peppe, come Daniele Del Core, Raffaele Iorio, Paolino Avella, Luigi Sica, Giuseppe Riccio, Andrea Nollino, Stefano Ciaramella, Salvatore Buglione,  e…. tanti altri, in quanto non direttamente ascrivibili a forme di delinquenza organizzata. Il nostro Paese risulta per giunta inadempiente rispetto a una direttiva europea, la n. 80 del 29 aprile 2004, che prevede, per tutti gli stati membri, l'equiparazione tra le vittime di tutti i reati intenzionali violenti ed indennizzi equi ed adeguati per ciascuna di esse.

Il nostro Paese ha solo (molto) parzialmente recepito tale disposizione con la Legge 122/2016, che prevede forme di risarcimento davvero irrisorie per determinate categorie di vittime. Ecco, categorie è un termine che non vorrei mai usare per le vittime, che dovrebbero essere tutte uguali. Ma lo Stato, con il suo atteggiamento, certo non ci viene incontro per superare questa assurda e ingiusta distinzione. Negli anni scorsi, il Coordinamento campano delle vittime della criminalità , Presidente  Carmen Del Core sorella di Daniele ucciso il 28 ottobre 2006 alla Solfatara di Pozzuoli per difendere l'amico Loris Di Roberto da un'aggressione,  insieme alla Fondazione Polis, strumento operativo della Regione Campania, hanno presentato una proposta di legge finalizzata a recepire concretamente la direttiva europea summenzionata. La proposta è stata anche incardinata presso la commissione competente della Camera dei deputati ma non ha avuto seguito. Noi però non ci arrendiamo né lo faremo mai: questa è una promessa e un atto dovuto nei confronti dei nostri cari".

 

Alfonso Maria Liguori

 

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