In alcuni ambienti del vesuviano prenderebbe corpo l’ipotesi che vorrebbe l’ex boss ( collaboratore di giustizia da anni) Pasquale Galasso anello di congiunzione tra politica, massoneria, camorra, e servizi deviati. Quanto questo particolare possa aver pesato per anni e pesi ancora sull’assetto politico amministrativo delle comunità all’ombra del Vesuvio è un particolare che si spera possa presto essere chiarito da alcuni nuovi pentiti di camorra. Secondo alcune indiscrezioni raccolte in ambienti vicini al boss Pasquale Galasso (collaboratore di giustizia dal 1992) sarebbe riuscito a monitorare tramite fedelissimi dei luoghi e prestanome insospettabili quello che una volta era il suo regno. Tra i capi della Nuova Famiglia, braccio destro di Carmine Alfieri, corruttore di politici nazionali e alte cariche dello Stato, in stretti rapporti con la massoneria e (secondo alcuni pentiti) con i servizi, Pasquale Galasso gestirebbe una serie di attività nel settore alimentare non lontano dalla sua Poggiomarino. Un modo per riavvicinarsi a quello che fu il suo impero criminale e forse mostrare ai clan avversari come la propria leadership criminale sia tutt’altro che tramontata. Quando parliamo di Pasquale Galasso tocchiamo i vertici della malavita campana (e non solo): interessi stratosferici in attività pseudo legali sparse ovunque sul territorio nazionale e all’estero, proventi delle attività illecite secondi solo a quelli di Cosa Nostra, rapporti diretti con Totò Riina negli anni in cui il padrino corleonese rappresentava il deus ex machina della mafia nel mondo. Parliamo di un volume di affari valutato all’epoca dell’arresto del boss di 1500 miliardi di lire distribuito in società immobiliari, finanziarie e turistiche. “Radio mala” mormorerebbe di possibili avvicinamenti sottobanco di potenti clan operanti nel vesuviano al boss del clan Galasso tramite insospettabili intermediari. Un dato che se confermato potrebbe aprire un nuovo capitolo nella storia di una delle famiglie di camorra più potenti e discusse di sempre. Una cosa è certa: gli attuali pezzi da 90 della mala di Poggiomarino e dei paesi limitrofi proverrebbero tutti dal clan Galasso avendo ricoperto ruoli diversi (killer, prestanome, pusher, ecc.) all’interno dello stesso gruppo criminale per anni. Noti professionisti, grossi imprenditori, amministratori pubblici, politici nazionali, “funzionari di Stato” infedeli: tutti per decenni sul libro paga dei Galasso pronti a favorire la potente famiglia di Poggiomarino negli affari e nelle varie vicende giudiziarie. Oggi ci si chiede che fine abbiano fatto questi contatti influenti e se ricoprano ancora ruoli apicali nella pubblica amministrazione a livello sia locale che centrale. C’è poi ancora da chiarire il rapporto intercorso con le Brigate Rosse che potrebbe essere stato posto in essere solo da alcuni esponenti delle stesse avvicinatisi alla camorra e mai voluto al contrario dai reali vertici delle BR. Un capitolo questo che potrebbe presentare tanti colpi di scena e coinvolgere personaggi insospettabili del mondo vesuviano “che conta”.

 

Alfonso Maria Liguori

 

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