La sofferenza non è una semplice sensazione, come il dolore. Né è un'emozione, come la tristezza o la paura. È uno stato che comprende tutta la nostra mente, che è fatta non solo di emozioni negative ma anche di pensieri, credenze e qualità della nostra stessa coscienza. La sofferenza è caratterizzata da momenti in cui, oltre alla totale assenza di una possibile via d'uscita, percepiamo di non essere più quelli di prima: abbiamo difficoltà di concentrazione, ci sentiamo stanchi, senza interessi, irritabili. La sofferenza psichica è un vissuto esistenziale che fa parte della natura umana. Nella normalità dovrebbe costituire un fatto reversibile legato a determinati momenti dell'esistenza ed alla possibilità di recupero di uno stato di benessere. Dunque abbiamo un duplice aspetto del dolore: un dolore positivo, quello adattativo, che segnala pericoli e danni, e un dolore negativo, quello non adattativo, che persiste con i suoi connotati di sofferenza fisica e psichica anche in assenza di lesioni. La sofferenza può derivare direttamente da un trauma, fisico o emotivo, oppure può essere espressione di una afflizione interiore più profonda, di cui può essere difficile o impossibile individuare un fondamento oggettivo. Le sofferenze ci permettono di cambiare il punto di vista sulla nostra vita, e di aprirci con uno sguardo obiettivo a ciò che prima non vedevamo. Tale condizione ci definisce caratterialmente e psichicamente perché necessaria all'immagine di noi stessi.

Possiamo considerate di essere molto utili, per fare un ulteriore passo verso la guarigione. Si tratta di fare appello alla propria capacità di resilienza, per potersi rialzare, usando la nostra sofferenza come una benzina che ci muova in modo costruttivo verso il benessere. I sintomi dei disturbi psichici possono essere: la perdita di interesse, l’apatia, il senso di solitudine, la perdita di motivazione. Come anche i disturbi del sonno, l’ipocondria, l’abuso di sostanze, le significative alterazioni dell'umore. inoltre, possiamo notare le percezioni visive o le uditive alterate dalle allucinazioni, dai deliri, dalla perdita di lucidità, e dai stati confusionali. La sofferenza dell'anima, la psicopatologia, è sofferenza del confine di contatto. Può essere sentita come dolore soggettivo oppure no. Quest'ultimo caso accade quando il soggetto non sente pienamente ciò che avviene al confine. Il dolore emotivo, cioè quello del nostro cuore e della nostra mente, è molto frequente e debilitante tanto quanto il dolore fisico. Può capitare che ci sentiamo inutili, di non valere niente, oppure siamo sopraffatti dal senso di colpa oppure possiamo provare rimorso.

Il dolore è inevitabile è qualcosa che ci colpisce senza preavviso, al quale non possiamo sottrarci che ci capita: può essere un dolore fisico o emotivo. La sofferenza è caratterizza da pensieri negativi che alimentiamo dopo l’evento doloroso. Le sofferenze possono regredire ma creare meccanismi di difesa rigidi ed essere sottoposti a regole doverizzanti ed assolutistici che condizionano la spensieratezza della quotidianità della vita. Nei casi rigidi e disfunzionali e’ necessario intervenire con un percorso di psicoterapia cognitivo comportamentale che ci consapevolizza sugli accaduti e ci insegna linee guida precise per affrontare le problematiche sorte. 

 

Dottoressa Ester Di Rosa

 

La qualità delle cure genitoriali e lo stile educativo sono fondamentali nel processo di crescita e di formazione dell'identità del bambino. Le caratteristiche degli stili genitoriali sono di diversa natura e influiscono sulle conseguenze comportamentali dei figli. Gli stili genitoriali possono essere di accettazione-rifiuto, dominanza-sottomissione, oppure di calorosità-ostilità; di rigidità-permissività, coinvolgimento ansioso-distacco tranquillo, controllo fermo e controllo debole o autonomia psicologica e controllo psicologico, di controllo e supporto; Tali stili educativi sono Conseguenze ereditati dagli stili educativi dei nonni, infatti, i genitori hanno attribuito significati profondi e trasformati in direttive educative necessarie. E’ stato ampiamente dimostrato che la capacità dei genitori di rapportarsi con i propri figli e di crescere assieme a loro è favorita dalla conoscenza di sé, quindi dalla comprensione interna e dalla capacità di relazionarsi con l’altro. La capacità del genitore di vivere nel presente, di essere consapevole dei propri pensieri, dei sentimenti che prova nel qui ed ora dando significato ad essi; d’altronde i bambini imparano a conoscersi attraverso il modo in cui i genitori comunicano con loro e, le interazioni emotive che si instaurano, aiutano i bambini a sviluppare un più profondo senso di sé e la capacità di mettersi in relazione con gli altri. E’ importante inoltre che i genitori acquisiscano un approccio alla vita che prevede una “costante disponibilità a imparare per affrontare il ruolo di genitore con mente aperta, come un viaggio continuo alla scoperta di nuovi mondi”. La disponibilità ad apprendere del genitore genera nei bambini la curiosità e, sentendosi sostenuti, possono esplorare serenamente l’ambiente.

La “flessibilità di risposta” del genitore implica la capacità riflessiva, componente essenziale della maturità emotiva e delle relazioni con l’altro efficaci e si riferisce alla capacità di reagire a una situazione non in maniera automatica e impulsiva bensì riflettendo e producendo intenzionalmente un comportamento adeguato. La capacità del genitore di “percepire le menti”, cioè l’attitudine di andare oltre la superficie di un’esperienza, quindi la possibilità di dare dei significati profondi ai pensieri, alle emozioni, alle percezioni, alle sensazioni, ai ricordi, alle convinzioni, agli atteggiamenti e alle intenzioni di sé e del proprio bambino. La capacità di percepire le menti del genitore consente di stabilire col proprio figlio un’interazione basata sull’empatia e sulla comprensione emotiva favorendo nel bambino lo sviluppo della sua capacità di conoscere se stesso e di porsi in relazione con gli altri. Infine, ma non il meno importante, il genitore deve darsi la possibilità di divertirsi con il proprio figlio, è importante che si lasci appassionare dalle parole e dai comportamenti del proprio bambino condividendo con lui lo stupore della scoperta graduale del mondo e delle sue meraviglie. Il genitore deve saper accostarsi al suo bambino utilizzando il proprio Bambino Libero interiore, per poter trasmettergli la curiosità e la gioia di scoprire il mondo rispettando sé e l’altro.

I genitori che hanno avuto un passato difficile e non hanno sviluppato le capacità descritte non possono avere un costruttivo rapporto con i propri figli, nessuno ha mai avuto un’infanzia “perfetta”, tuttavia è importante che il genitore si sia dato la possibilità di elaborare quanto ha vissuto e di comprenderlo, consentendosi di crescere e cambiare…perché si può decidere di cambiare durante tutto il corso della propria esistenza, per il proprio benessere e per quello dei propri figli. Quando i genitori e i figli non riescono a consapevolizzare le proprie difficoltà può essere utile il supporto degli psicologi che consentono di individuare l’elemento scatenante rendendolo neutro e di facile passaggio.

 

Dottoressa Ester Di Rosa

 

La trasmissione di costrutti, di modalità relazionali, di stili di attaccamento e di emozioni. Si può parlare così di eredità psicologica trasmessa ai figli. Le somiglianze psicologiche e relazionali che i figli condividono con i genitori e gli avi, per quanto poco visibili, sono altrettanto potenti e significative di quelle somatiche. La coppia è formata da due individui distinti che, entrando in relazione intima, portano con sé ciascuno la propria “eredità” emotiva acquisita nella propria famiglia d’origine, eventuali conflitti, ferite e nodi irrisolti legati a quest’ultima, un determinato livello di consapevolezza e di maturazione emotiva. Quando una coppia portatrice di una importante quantità di eredità emotiva problematica si riproduce, quasi sempre (e quasi sempre inconsapevolmente) finisce per rivivere le proprie ferite ed i propri conflitti irrisolti nella relazione con i figli. Il neogenitore rivive inconsciamente la propria infanzia, assieme a tutto ciò che con essa ha introiettato delle proprie figure genitoriali, ed, attraverso un meccanismo difensivo (difensivo in quanto serve per difendersi dall’inevitabile dolore che tale vissuto creerebbe) che in psicologia chiamiamo “proiezione”, proietta i propri bisogni sui figli. Si crea, in questo modo, una profonda ed inconsapevole confusione tra bisogni dei figli e bisogni infantili del genitori. Ogni bambino, in quanto individuo a sé stante, possiede dei propri bisogni (primariamente di protezione, rassicurazione, nutrimento emotivo, accoglienza) e si aspetta che il genitore vi risponda in modo adeguato. Quando nel genitore è in atto una confusione tra i propri bisogni infantili insoddisfatti e quelli del proprio figlio, il genitore non è in grado di rispondere adeguatamente al bisogno espresso dal figlio, finendo per ignorarlo o per rispondervi in modo inadeguato. 

Allo stesso tempo potrà intravedere nel figlio bisogni che costui non ha, ma che rispecchiano i propri bisogni insoddisfatti da bambino e si affannerà per rispondere a quest’ultimi, dando al proprio figlio un nutrimento non richiesto. Spesso questi genitori si comportano in modo infantile con i propri figli, chiedono loro abbracci o baci in modo a volte anche molto insistente. Non si deve mai dimenticare che spetta al genitore adeguarsi ai bisogni dei figli e non viceversa. Se un bimbo sente che i propri bisogni sono adeguatamente soddisfatti, sviluppa la fiducia in sé e si sente amato. Quando un bimbo non si sente amato, non attribuisce mai la mancanza d’amore ad un problema o difficoltà del genitore ma a se stesso: si sente in colpa per aver fatto qualcosa che ha portato il genitore ad allontanarsi da lui, si sente inadeguato e non degno di essere amato. Farà, dunque, di tutto pur di riconquistare l’amore del genitore, arriverà a negare persino le proprie emozioni, tenderà ad adeguarsi ad ogni genere di richiesta genitoriale: mendicherà l’amore annullando se stesso, nella speranza di essere riconosciuto. Dopo alcuni anni, smetteranno di richiedere e mendicare e si costruiranno una corazza difensiva, anestetizzandosi emotivamente, nell’ambizioso tentativo di non provare più il dolore del rifiuto.

Questi bambini, da adulti, cercheranno l’amore come si cerca l’acqua nel deserto, si aspetteranno che i loro bisogni inascoltati da bambini vengano ora soddisfatti dal partner, continuamente e costantemente. Quando diventeranno padri/madri, verosimilmente si aspetteranno che siano anche (o solo) i propri figli ad appagare quegli antichi bisogni, in una catena intergenerazionale che soltanto raramente si interrompe. Un percorso psicoterapeutico rappresenta senza dubbio un validissimo aiuto nello spezzare questa catena, in particolare aiutando il genitore ad acquisire consapevolezza delle dinamiche proiettive e manipolative passate ed eventualmente presenti.

 

Dottoressa Ester Di Rosa

 

L'accettazione è un meccanismo utile per un razionale utilizzo delle risorse. Rapportarsi agli altri significa lasciarsi sorprendere, vivere in modo nuovo i sentimenti, le abitudini e le emozioni, che però non sempre siamo pronti ad affrontare per la paura del passato o del cambiamento. In amicizia sono molto importanti il rispetto e la fiducia. Quest’ultimi sono la base per la costruzione di un rapporto sincero e spensierato tra gli esseri viventi. Imparare a comunicare significa utilizzare una comunicazione che include il saper esprimere le proprie emozioni, ma anche essere capaci di ascoltare quelle degli altri. Cercare di ascoltare davvero gli altri e farlo in modo disinteressato, per sviluppare empatia e affidabilità. Innanzitutto, per essere ben accettati da un “gruppo” è necessario avere un carattere aperto e solare nei confronti degli altri membri che vi appartengono già; quindi, almeno all'inizio è opportuno mostrarsi disponibili nei riguardi delle proposte che vengono fatte o delle iniziative del gruppo stesso. Le caratteristiche di una persona pro social possono essere derivate da un attento lavoro su se stessi come ad esempio: guardarsi per davvero, come se fosse la prima volta e prendere atto di ciò che non si riesce ad accettare. Ridimensionarsi. Cambiare punto di vista. Mollare le resistenze. Intervenire. Fare pace. Provare amore per se stessi. Sorridere. Interessarsi sinceramente delle altre persone. Ricordarsi che per una persona il suo nome è il suono più importante e più dolce. Imparare ad essere un buon ascoltatore. Parlare di quello che interessa agli altri. Fare in modo che gli altri si sentano importanti. Inoltre non dimenticare mai chi sei e da dove vieni, infatti dare a se stessi la consapevolezza: Concentrarsi sul proprio valore. Dare importanza alle parole. Curare il linguaggio non verbale. Essere aperto e in ascolto. Ribadire il proprio punto di vista. Non fuggire, non aggredire. Non fare la bulla.

 

Dottoressa Ester Di Rosa 

 

"Le donne tornino a brillare di luce propria senza ritoccarsi continuamente": così Cira Mozzillo. Donna determinata, bella e solare, soprattutto seria e pronta al confronto con il prossimo Cira Mozzillo ha voluto lanciare un appello all'esponenti del suo sesso parlando con la semplicità di una persona che affronta giorno per giorno le difficoltà della vita." Perché ricorrere al bisturi- ha commentato Mozzillo - invece di ostentare fieramente la propria età, magari una ruga o una smagliatura che nulla tolgono all'eleganza senza tempo di una donna. Quando cammino per strada mi guardo intorno e vedo tanti cloni intorno a me: sembrano quasi ritoccate "in serie" con particolare riferimento alle labbra, agli zigomi, al naso ed al seno. Ovvio che ognuno possa fare del proprio corpo quello che vuole, ci mancherebbe. Tuttavia vorrei esprimere, da donna "normale", un'opinione in merito ad una tendenza che sta letteralmente dilagando. Il problema è che progressivamente abbiamo perso il gusto dell'essere votandoci esclusivamente all'apparire. Pretendiamo di essere sempre nel fiore degli anni, di fermare un tempo che scorre inesorabile lasciando segni tangibili sulla nostra fisicità. La vera bellezza è quella che nasce dall'equilibrio che si raggiunge con sé stessi. Nulla può alterarlo o deteriorarlo. Al contrario essere schiave della propria immagine tradisce insicurezza che può portare lentamente a stati depressivi, con profonde ripercussioni sulla qualità di vita del soggetto. Impariamo a vivere qualitativamente e non quantitativamente nella consapevolezza di quanto breve sia questo nostro cammino terreno.

Mi rivolgo alle nuove leve, alle adolescenti che si affacciano alla vita e a cui non dovremmo dare esempi sbagliati. Noi genitori, zii, nonni abbiamo il dovere di trasmettere valori sani e fenomenologie comportamentali corrette a chi erediterà una società di per sé già cinica e sorda nei confronti delle persone non appartenenti a fasce privilegiate. In gioco c'è ben di più del semplice mostrarsi alla gente: non permettiamo al "sistema" di avvolgerci nel vortice dell'effimero ma lottiamo con tutte le forze perché si possa tornare a credere nella bellezza quale valore superiore e non mera esteticità". Una testimonianza importante, un atto di amore di una donna semplice nei confronti del mondo in cui vive e dei giovani. I giovani, vere vittime di politiche scellerate che nel corso degli anni hanno alterato negativamente usi e costumi di un Paese, come l'Italia, che vanta tradizioni storico-culturali celeberrime.

 

Alfonso Maria Liguori

 

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